Il topo dei Medici e Michelangelo

La statua di Lorenzo alla Cappella dei Medici ha un alto nome diffuso, “Il Pensieroso”. Nonostante l'armatura, lui somiglia molto più ad “Il Pensatore”, che la quasi omonima statua di Rodin. A proposito, Lorenzo il Magnifico vinceva più volte i tornei dei cavalieri. Inoltre, era l'ultimo banchiere nella famiglia dei Medici, che capeggiava formalmente la rete bancaria paneuropea. È vero, che con ciò spendeva i soldi per la vita sociale e culturale di Firenze, per questo l'impresa bancaria è andata in decadenza. Le sue spese abbondanti per l'appoggio degli artisti, dei filosofi e degli scultori, compreso Michelangelo, in tanto gli hanno creato la gloria e il titolo informale del “Magnifico”.


Sotto il gomito sinistro della statua di Lorenzo si trova una piccola scatola, dalla quale fa capolino (oppure esercita solo la funzione dell'ornamento) la testa di un topo (alcuni dicono, che è un pipistrello).

C'è un'interpretazione, che risale ancora a Condivi, un discepolo di Michelangelo. In sostanza lui dice, che questo è un piccolo blocco di marmo, del quale lo scultore voleva scolpire un topo come simbolo del tempo che ci divora.

Più spesso è considerata come una cassa da denaro. La questione ci sembra importante, siccome per la statua del banchiere Lorenzo Il Magnifico una cassa da denaro è un simbolo appropriato, il che non si può dire di suo nipote Lorenzo, morto giovane, che regnava male la città di Firenze, e soprattutto non aveva niente a che fare con l'attività bancaria. Non era neanche notato come particolare benefattore.

La cassa da denaro può essere un diretto suggerimento, che la statua è dedicata a Lorenzo Il Magnifico, anziché al suo miserabile nipote.

Ma come definire con certezza, che questo cassetto sotto il gomito della statua abbia veramente a che fare con i soldi? E che c'entra un topo? Un suggerimento inatteso può essere ritrovato in Oriente.

Non rischeremo di dichiarare che la statua stessa di Lorenzo somigli per i suoi aspetti alle statue indiane, raffiguranti esseri divini e gli dei. La stranezza di questa statua per la tradizione scultorea europea, esistente prima di Michelangelo (compresa quell'antica), è notata da molti, ma ci vedono piuttosto l'impronta innovativa del grande scultore.

Cercheremo di limitarci con l'immagine del topo, che si associa direttamente con la divinità indo-buddista Ganesh, raffigurato con la testa dell'elefante.

Il topo è il mezzo di trasporto di questo dio, e generalmente un topo è raffigurato sotto la sua mano o sotto il piede, oppure (già notevolmente ingrandito) come il suo trasportatore. Nel periodo della nostra permanenza al Nepal, dove la tradizione mista indo-buddista è rimasta in quella forma in cui era sulla penisola Indostana cinquecento e mille anni fa, siamo riusciti a scoprire, che il topo di Ganesh, secondo la tradizione generica, si fonde, in pratica, ed esercita la stessa funzione, che l'animale analogo sotto il braccio del nume della ricchezza e del benessere Kubera (il nome buddista è Jambala). Ambedue gli animali producono (sputano fuori) pietre preziose, e sono simboli del “produttore della ricchezza”. Ciò si vede sulle tanka, disegni tradizionali buddisti su carta e su seta.

In un discorso con un'ex monaco buddista, attualmente pittore Lama Tsongal, abbiamo saputo, che la raffigurazione del topo di Ganesh come simbolo del produttore della ricchezza, uguale come quello del dio della ricchezza e del benessere, corrisponde ad un'antica tradizione di Kubera, caratteristica per Nepal e Tibet. Quindi ci sembra, che non si possa escludere che Michelangelo sapeva del topo come del simbolo del benessere e della ricchezza ed ha usato questo simbolo che gli era noto dalle immagini dipinte su seta o dalle statuine indiane.

Riportiamo in quest'opuscolo una serie d'illustrazioni che facciano vedere e confermino la tradizione della pittura e della scultura induista-buddista.

Può sorgere a qualcuno una domanda, se Michelangelo avesse potuto vedere immagini dei numi indiani? In relazione a questo vorrei ricordare, che soldati indiani furono registrati sulla terra dell'Antica Grecia come una parte integrale dell'esercito Persiano ancora nel 480 a.C.

Decisamente, un po' dopo, nel 4° secolo a.C., le guerre di Alessandro il Magno portavano dall'India le statuine dei numi fatti di avorio, oro ed argento.

Le “tanka”, ovvero “icone” indo-buddiste su seta, sono note dal 7° secolo d.C., mentre un commercio intenso con l'India attraverso il Mediterraneo nei tempi di Michelangelo potrebbe aver portato in Europa un numero notevole di statuine e delle “tanka” su seta.

Sono descritti i dialoghi di Socrate con un bramino indù, esiste anche un importante concetto storico, che Pitagora ha acquisito tante delle sue idee scientifiche e filosofiche durante il viaggio in India nel 6° secolo a.C. La distanza dalle città greche dell'Asia Minore all'India, a proposito, solo di poco supera la distanza a quelle città dalla Francia.

Il neoplatonismo, divenuto durante Lorenzo Il Magnifico l'ideologia statale di Firenze dei tempi della maturazione di Michelangelo, è nato in Alessandria, dove c'erano già allora la comunità induistica e quella buddista.

Non dimentichiamo inoltre, che il buddismo è più antico del cristianesimo di 6 secoli, mentre l'induismo ne è più vecchio di tre millenni.

La circolazione delle idee e delle immagini artistiche tra l'Europa e l'India c'era quasi sicuramente, e, a proposito, potrebbe essere un tema delle discussioni alle feste dell'Accademia di Platone a Firenze, dove, insieme ai famosi filosofi Poca della Mirandola, Ficino, Poliziano, veniva spesso anche Michelangelo adolescente.

Ricordiamo inoltre, che nella tradizione antica greca il topo si associa con Apollo e Dioniso, nonché quel fatto che gli antichi Greci parlavano dell'India come di un territorio sacro di Dioniso.

Speriamo che l'attenzione degli studiosi della Cappella dei Medici sia attratta al significato del simbolo del topo sito sotto il braccio della statua di Lorenzo, e che i nostri materiali possano essere in qualche maniera utili per valutare questo simbolo.


Fonte: Il testo succitato è un capitolo dal libretto multilingue di Pietro Barenboim e Alessandro Zakharov, anche intitolato “Il topo dei Medici e Michelangelo”, Letny Sad, Moscow, 2006.